La possibilità di poter dare un doppio cognome ai figli è un tema che si dibatte dagli anni ’70. Con il passare degli anni su questo argomento è intervenuta anche l’Europa e finalmente in Italia è Legge.
E’ molto bello quando si aggiunge libertà e possibilità di scelta ma guardiamo però ai numeri: il “problema” si era posto per un numero limitato di casi che erano soprattutto cognomi altisonanti o nobiliari e cognomi che potevano essere motivo di scherno.
Il cognome di mia nonna era “Gallina” e sua sorella Marisa ha sposato un “Cova” per cui le sue generalità sono state Marisa Gallina in Cova. Erano altri tempi e altre tempre per cui per lei non solo non ha mai rappresentato un problema ma è anche stato, per tutta la vita, un modo di presentarsi portando il sorriso affrontandolo con autoironia e orgoglio.
Nei libri di barzellette ne abbiamo letti tantissimi dalla sig.ra Maialino Rosa al sig. Buonanno Felice. le statistiche ci dicono che, già in quegli anni, parlavamo di circa il 10% dei casi. A distanza di 50 anni i primi dati dell’utilizzo di questa Legge ci riportano che il 90% delle famiglie sceglie la tradizione.
Il punto non è la conoscenza della possibilità (tra l’altro molti pensano che questa possibilità ci fosse già da anni) ne un fatto di maschilismo o di patriarcato. Il punto è che la famiglia ha bisogno di contenuto, di sostanza non di forma.
Negli anni ’80 questo tema era diventato un argomento programmatico del manifesto femminista e la società viveva di immagine. Erano gli anni degli Yuppie (young urban professional) dove giovani rampanti trovavano la propria realizzazione attraverso la comunità economica capitalista e l’immagine era tutto. Film e canzoni, come quella di Luca Barbarossa, ne celebravano le gesta “…giovani rampanti intraprendenti fanno passi da gigante nei debutti in società, sempre pronti ad ogni avvenimento o ad un appartamento in centro…”
Oggi la società è cambiata e la famiglia ha bisogno di aiuti concreti, veri, tangibili. Ha bisogno di sostegno e di supporto.
Io penso che debbano essere i figli, in età adulta, a scegliere perché in un modo o nell’altro questa Legge è sempre e comunque un “atto di proprietà” mentre bisogna educare i genitori a considerare i figli come persone fin dalla loro nascita.
Divorzi e separazioni sono il tema più importante anticipato solo dall’aiuto economico alla famiglia nei casi di necessità. Il cognome è davvero l’ultima voce dell’elenco. Pensate che un figlio sia interessato al suo cognome quando non può viversi entrambi i genitori o quando vede che suo padre vive in macchina o per strada per pagare gli alimenti? o quando per motivi economici viene portato via dalla sua mamma?
Mantenimento, diritto di visita, collocamento, educazione, crescita sono i veri temi che bisogna affrontare con concretezza e che hanno bisogno di risposte sostanziali. Oggi è in corso un’importante riforma del diritto di famiglia e la direzione è proprio quella del diritto dei figli e dell’aiuto alla genitorialità.
Non è attraverso il cognome che si arriva alla parità di genere o alla tutela dei figli. La parità di genere si ottiene prendendo coscienza che essere genitori è un impegno che dura tutta la vita e che rende responsabili del futuro della prole, della loro educazione, della loro formazione, della loro sfera affettiva, della loro vita. E’ necessario prendere atto, con un esame di realtà, che ognuno di noi ha il proprio vissuto che non sarà mai possibile traferire ma che il vissuto dei nostri figli influenzerà per sempre la loro vita.
Oggi esiste una figura professionale, il professionista che usa il metodo della coordinazione genitoriale, che aiuta, supporta e insegna ai genitori a creare un piano genitoriale condiviso che tenga presente delle reali necessità dei figli e che li accompagni a fare le migliori scelte per il loro futuro.
Oggi non bisogna più parlare di madre e padre ne fare atti che possano creare divergenze, molti di loro sono già bravi a litigare senza nessun tipo di aiuto; oggi bisogna parlare di genitori che a prescindere dal sesso o dal genere o dal fatto che siano insieme o separati sono il vero unico punto di riferimento per i loro figli.